AIPO Associazione Italiana Periti Odontotecnici
AIPO Associazione Italiana Periti Odontotecnici

allergieodontotecnica

Valutazione attuale: 5 / 5

Stella attivaStella attivaStella attivaStella attivaStella attiva

 Rosario Muto

I metalli che ci fanno ammalare
I metalli ci fanno ammalare
Gli ossidi metallici ci fanno ammalare
Tutti gli ossidi di ogni tipo ci fanno ammalare.

Acqua, cibo, aria, farmaci: i metalli potenzialmente tossici sono ovunque a causa della persistente contaminazione dell’ambiente dovuta all’inquinamento. È ormai un’emergenza, che possiamo cercare di fronteggiare almeno migliorando l’alimentazione.

I metalli che ci fanno ammalare, cosa raccontano questi imbeccilli:

I metalli non sono tutti uguali. (falso, tutti sono potenzialmente tossici pericolosi). Ce ne sono alcuni che, in quantità estremamente piccole, sono necessari (falso) al nostro organismo, (i metalli buoni sono solo quelli naturali contenuti nei prodotti naturali e non certamente quelli di sintesi industriali.) ma che in quantità maggiori possono diventare pericolosi. Altri, invece, rappresentano sempre e solo un rischio per la salute e l’ambiente.

Come esempio della prima tipologia prendiamo gli enzimi che sintetizzano Dna e Rna, che contengono ioni di zinco, o il cobalto, che è parte integrante della vitamina B. Se nel nostro organismo il loro livello è ottimale, godiamo di un equilibrio che garantisce la salute; ma se le quantità aumentano, queste stesse sostanze possono diventare pericolose e addirittura letali(1).

Esistono però anche metalli che non sono essenziali per il corpo umano e che mettono in pericolo la nostra salute, come cromo, piombo o mercurio. «Queste sostanze sono particolarmente pericolose quando entrano nel nostro corpo sotto forma di nanoparticelle, di dimensioni inferiori o pari al micron, poiché in questo caso riescono a passare la barriera polmonare, in pochi minuti raggiungono il fegato e, di qui, tutti gli organi, provocando spesso patologie anche gravi» spiega la dottoressa Morena Gatti, consulente del Ministero della difesa italiano e del Federal Bureau of Investigation americano, e che da anni studia gli effetti del nanoparticolato sugli esseri viventi.

Ma andiamo a vedere, nello specifico, l’effetto sull’organismo di alcuni dei metalli più diffusi e dove si trovano.

ALLUMINIO. Usato per produrre lattine e pentole, aeroplani, rivestimenti e coperture, i suoi composti si trovano in alcuni farmaci (vaccini, antiacidi e astringenti), nei cosmetici, negli antitraspiranti e possono essere presenti in alimenti quali farine, prodotti da forno, coloranti(2) o usati nel trattamento dell’acqua. Spesso l’alluminio lo respiriamo sotto forma di pulviscolo. Se si viene in contatto per inalazione, soprattutto nei lavoratori esposti, può aumentare il rischio di linfosarcoma e di cancro(3) ai polmoni e alla vescica. Alcuni studi sostengono che assunto per via orale possa contribuire all’insorgere dell’Alzheimer e, in chi ha problemi ai reni, con conseguente ridotta capacità di eliminazione attraverso le urine, può dare malattie alle ossa e al cervello.

PIOMBO. Viene usato nelle batterie delle auto, come pigmento nelle ceramiche e nelle vernici, e nella benzina(4). Si diffonde sotto forma di pulviscolo in conseguenza delle lavorazioni industriali e dell’incenerimento. È dunque presente nell’aria e quando ricade al suolo si combina con le particelle presenti nel terreno. Colpisce soprattutto il sistema nervoso, sia negli adulti che nei bambini; può causare anche anemia, danni ai reni e morte. In modelli animali si è rivelato cancerogeno, sull’uomo le evidenze sono ancora limitate(5).

MERCURIO. L’esposizione può avvenire attraverso l’inalazione di aria inquinata (le particelle vengono emesse dai camini delle industrie e degli inceneritori) o l’ingestione di acqua e cibo contaminati, oltre che in seguito a trattamenti medici (i composti mercuriali sono presenti in farmaci quali i vaccini) e a otturazioni dentarie. Se i livelli di mercurio nell’organismo sono elevati, possono insorgere danni al cervello, ai reni e, nelle donne gravide, al feto(6).
CROMO. Le tre forme principali sono il cromo 0, il cromo trivalente (considerato necessario, in piccolissime quantità, per l’organismo) e il cromo esavalente, pericolosissimo. Il cromo è largamente usato nei processi industriali, si può trovare nel legno e nel pellame trattati e nelle pentole d’acciaio cromato. Lo si può inalare se è presente nell’aria a causa di emissioni da impianti industriali, o attraverso il fumo di sigaretta. Il cromo tetravalente è tossico: nei lavoratori esposti sono stati osservati problemi respiratori e reazioni eczematose. Il rischio maggiore si ha con il cromo esavalente; causa danni al sistema riproduttivo e, se ingerito, provoca ulcere7. È cancerogeno(8) per l’uomo.

NICKEL. Viene rilasciato nell’ambiente dalle fornaci dove fondono metalli, dalle industrie che scaricano acque di lavorazione e dagli inceneritori. Occorrono parecchi giorni prima che sia eliminato dall’aria; se le particelle sono molto fini, può volerci anche un mese. Poi si deposita sul terreno o si lega alla pioggia o alla neve. In condizioni di suolo acido, può penetrare fino alle falde acquifere(9). La maggiore esposizione al nickel avviene con il cibo: ne ingeriamo ogni giorno circa 170 microgrammi, soprattutto attraverso cioccolata, soia e frutta secca. L’effetto più comune sull’organismo è l’induzione di allergie e dermatiti, ma nei lavoratori esposti sono stati osservati casi di bronchite cronica, cancro delle cavità nasali e dei polmoni. Lo Iarc ne ha definiti i composti cancerogeni(10).

TUNGSTENO. È usato nei filamenti di bulbi di lampade incandescenti e per contatti elettrici. Viene rilasciato nell’aria dagli impianti industriali. È comunque difficile che l’esposizione avvenga ad alte dosi, a meno che non si tratti di lavoratori con un’esposizione occupazionale(11). «Nelle analisi di campioni di pazienti con patologie invasive ho osservato la presenza di nanoparticelle di tungsteno, sulle quali gli studi dovrebbero essere senz’altro approfonditi» ha spiegato la dottoressa Gatti.

MANGANESE. È essenziale nella produzione di ferro e acciaio e quindi le emissioni nell’ambiente più massicce avvengono ad opera delle industrie siderurgiche. È un oligoelemento necessario per la sopravvivenza degli esseri umani, ma anche tossico se presente nell’organismo in concentrazioni troppo alte. L’assorbimento avviene principalmente attraverso gli alimenti, i livelli possono risultare tossici se c’è esposizione a fonti di emissioni inquinanti. Gli effetti si concentrano soprattutto sulle vie respiratorie e il sistema nervoso; può anche causare il morbo di Parkinson, embolie polmonari e bronchiti. Quando gli uomini sono esposti a manganese per un periodo di tempo prolungato possono diventare impotenti(12).

BARIO. A causa del vasto uso nell’industria di questo elemento, le attività umane contribuiscono notevolmente al suo rilascio nell’aria, nell’acqua e nel terreno. Molte discariche di rifiuti pericolosi contengono bario e le persone che vivono nelle loro vicinanze possono essere esposte a livelli nocivi. I composti di bario che si dissolvono in acqua possono causare paralisi e in alcuni casi persino la morte. In piccole quantità, il bario solubile in acqua può indurre difficoltà di respirazione, aumento della pressione sanguigna, variazione del ritmo cardiaco, irritazione dello stomaco, debolezza muscolare, alterazioni nei riflessi nervosi, danni al fegato, cuore e reni.

RAME. Per lo più il rame è usato per materiale elettrico, impianti idraulici e leghe. La produzione mondiale è in continua crescita e ciò significa che sempre più rame finisce nell’ambiente. Il rame viene immesso in atmosfera anche durante la combustione dei combustibili fossili e vi resta per un periodo di tempo elevato prima di depositarsi sul terreno. È spesso presente vicino alle miniere, agli stabilimenti industriali e alle discariche. I composti solubili di rame costituiscono una minaccia per la salute umana e vengono rilasciati nell’ambiente a seguito del loro uso in agricoltura. Anche il rame, come il manganese e lo zinco, è un oligoelemento indispensabile per la salute umana, ma in concentrazioni elevate causa gravi problemi di salute. L’esposizione a lungo termine può causare irritazione a naso, bocca e occhi, emicranie, dolori di stomaco, stordimento, vomito e diarrea. Dosi elevate possono danneggiare fegato e reni e in alcuni casi portare perfino la morte.

CERIO. L’ossido di cerio è tossico; viene rilasciato in atmosfera dai cosiddetti Fap, i filtri antiparticolati che si montano sulle auto. È dunque veramente difficile oggi evitare completamente l’esposizione ai metalli. Si possono però adottare alcune misure utili a contenere il danno, a cominciare dall’alimentazione. Cibi biologici, naturali, freschi, cucinati in contenitori non trattati e a volte anche un sano e ragionevole periodo di digiuno, possono fare molto per preservare la nostra salute.
Alcuni quante cagate ideologiche raccontano.................................
Lasciate stare questi imbecilli.

Rosario Muto

Valutazione attuale: 5 / 5

Stella attivaStella attivaStella attivaStella attivaStella attiva

 Rosario Muto

Metalli pesanti, ioni metallici?
Hai fiducia delle istituzioni?

Schiuma, liquami, batteri, metalli pesanti e tetracloroetilene: i fiumi d’Irpinia, da simbolo della terra dell’acqua a ricettacolo di veleni e testimoni di impunità.
https://www.orticalab.it/Schiuma-liquami-batteri-metalli-pesanti

Dalle acque rosa ai metalli pesanti del sabato, ai batteri del Fenestrelle; dalle cloache dell’Ufita al mercurio dell’ofanto: i fiumi irpini sono malati. Il divieto di pesca e di utilizzo delle acque è pressochè generalizzato. Le denunce si moltiplicano, ma gli autori del disastro restano impuniti. Depuratori spesso ko, manca un progetto concreto di risanamento.

AGOSTO 2021 Di Flavio Coppola

Da emblema della ricchezza della terra dell’acqua a sversatoio indiscriminato e indisturbato di veri e propri criminali. I fiumi d’Irpinia riflettono, all’ennesima potenza, il livello assolutamente disastroso di inquinamento di una terra non più sana, in cui l’equilibrio ambientale è pesantemente compromesso e le conseguenze si riverberano negativamente e palesemente sulla salute dei cittadini.
Ieri, l’ennesima denuncia degli ambientalisti del comitato per la Valle del Sabato ha riacceso i riflettori sullo sconcertante spettacolo fornito periodicamente dal corso d’acqua: in località Mulino, a Prato Principato Ultra, della schiuma biancastra e maleodorante ha fatto capolino sulle acque. Proprio dove, tempo addietro, si era registrata la terrificante moria di 20.000 pesci. Eppure le condizioni del fiume, che bagna l’omonima Valle e arriva nel Sannio, sono note da tempo anche agli inquirenti. Alcuni dei dati più clamorosi, nel settembre del 2019, furono inviati anche al prefetto di Avellino e al ministro dell’Ambiente. Le analisi del laboratorio “Gamma” rivelarono inquinamento da Mercurio, tensioattivi anionici, e elevate concentrazioni di fosforo. Sempre nel Sabato, l’Arpac ha rivelato ancora Mercurio in concentrazioni superiori 12 volte al consentito, e una serie di metalli quali rame, zinco e nichel. Quindi, i batteri fecali, gli escherichiacoli. Non è un caso che le acque, in alcuni punti e per effetto di scarichi che per qualche emotivo non si riesce ad individuare, diventano talvolta marroni, talvolta rosa, talaltra si coprono di schiuma.
Nel Sabato, come in molti altri corsi d’acqua irpini, è non a caso vietato l’utilizzo delle acque e c’è il divieto di pesca. Ma questa condizione scandalosa e pressochè ignorata dai sindaci e dai livelli politici istituzionali superiori accomuna molti altri fiumi d’Irpinia. Ed è tutto già emerso con chiarezza da tempo.

Stesso divieto e stesso vergognoso degrado nell’affluente che attraversa i 4 grandi comuni di Atripalda, Avellino, Mercogliano e Monteforte: il “Fenestrelle”. Dalle ultime analisi dell’Arpac, comunicate dalla Provincia all’inizio di quest’anno ai Comuni, il fiume del parco e dei mulini si presenta alterato a causa di forti valori di Azoto Ammoniacale ed Escherichiacoli. Una cloaca a cielo aperto, dunque. E nella comunicazione, la Provincia sospendeva pure «eventuali diritti già assentiti alla derivazione dal Rio Fenestrelle per uso irriguo e zootecnico, nonché per uso domestico, fino al rientro dei valori nei limiti di legge». Nella nota, si faceva riferimento anche all’origine dell’inquinamento, «con buona probabilità, dovuto alla presenta di scarichi in alveo non autorizzati». Eppure, il divieto persiste, ma i colpevoli non si trovano.

Il lungo elenco degli scempi nelle acque dei fiumi irpini prosegue verso la Valle dell’Irno, nell’ormai famoso torrente “Solofrana”. L’affluente del Sarno, reputato il fiume più inquinato d’Europa, in base ai monitoraggi eseguiti sui 16 punti indagati nel 2017, e riportati nell’indagine di Legambiente “Buone e cattive acque”, per 10 non raggiungeva una qualità sufficiente, con uno stato "scarso" per 4 punti e uno stato "cattivo" per altri 6. Esalazioni nauseabonde, acque scure e schiuma, con un’origine probabilmente riconducibile agli scarichi abusivi nel fiume Sarno, ma comunque in molti punti in pessimo stato.

Persino l’Ofanto, che nasce tra i monti tra Torella e Sant’ Angelo dei Lombardi, segnando da est a ovest il confine orientale dell’Irpinia, è salito recentemente agli onori – si fa per dire – delle cronache. L’Arpac, nel 2019, ha confermato una preoccupante presenza di Mercurio, dopo un controllo effettuato tra l’area industriale di Morra De Sanctis e l’invaso di Conza della Campania. Anche qui, era scattata l’allerta con i Comuni vicini e la girandola dei divieti. Pure qui, Procura immediatamente informata.

L’Ufita, invece, si è segnalato nel 2020 per una moria di pesci e per la presenza, nel punto in cui i fiume incontra il torrente Fiumarella, di acque putride e schiumose e con affioramento di alghe. Sempre nel 2020 venne stabilita la presenza di reflui industriali e di tetracloroetilene.

Era diventato addirittura un caso nazionale, nel 2012, il fiume Calore. Trentanove sindaci del beneventano erano stati rinviati a giudizio per disastro ambientale perché la metà degli scarichi erano finiti nei corsi d’acqua senza essere depurati. L’inquinamento riscontrato risultò 1000 volte superiore al consentito. Con un rischio di Salmonellosi che fu ritenuto altissimo.

Batteri e scarichi selvaggi anche nel fiume Isclero, tra la Valle Caudina e il Sannio. A denunciarli, più volte inascoltato, il consigliere comunale Giuseppe Mainolfi: da fiume della vita a cloaca a cielo aperto. Anche qui, con batteri e metalli pesanti. Secondo il consigliere, erano stati evidenti anche le responsabilità delle industrie locali.

Tra depuratori fuori uso, veri e propri fuorilegge e imprenditori senza scrupoli, muoiono i fiumi d’Irpinia. Le denunce e le iniziative di sensibilizzazione, come quelle del Meet Up pentastellato, coordinato da Giovanni Varallo, sono centinaia. Quest’ultimo ha sollecitato più volte le istituzione, finanche sul caso dei fiumi tombati di Avellino, come il Rio San Francesco. Le indagini dei carabinieri restituiscono di tanto in tanto qualche arresto, ma la sensazione, tanto dal punto di vista della repressione quanto da quello delle politiche di risanamento, è che si proceda al ralenti. Ma il disastro corre veloce.
que rosa ai metalli pesanti del Sabato, ai batteri del Fenestrelle; dalle cloache dell’Ufita al mercurio dell’Ofanto: i fiumi irpini soDalle acque rosa ai metalli pesanti del sabato, ai batteri del Fenestrelle; dalle cloache dell’Ufita al mercurio dell’ofanto: i fiumi irpini sono malati. Il divieto di pesca e di utilizzo delle acque è pressochè generalizzato. Le denunce si moltiplicano, ma gli autori del disastro restano impuniti. Depuratori spesso ko, manca un progetto concreto di risanamento.

AGOSTO 2021 Di Flavio Coppola

Da emblema della ricchezza della terra dell’acqua a sversatoio indiscriminato e indisturbato di veri e propri criminali. I fiumi d’Irpinia riflettono, all’ennesima potenza, il livello assolutamente disastroso di inquinamento di una terra non più sana, in cui l’equilibrio ambientale è pesantemente compromesso e le conseguenze si riverberano negativamente e palesemente sulla salute dei cittadini.
Ieri, l’ennesima denuncia degli ambientalisti del comitato per la Valle del Sabato ha riacceso i riflettori sullo sconcertante spettacolo fornito periodicamente dal corso d’acqua: in località Mulino, a Prato Principato Ultra, della schiuma biancastra e maleodorante ha fatto capolino sulle acque. Proprio dove, tempo addietro, si era registrata la terrificante moria di 20.000 pesci. Eppure le condizioni del fiume, che bagna l’omonima Valle e arriva nel Sannio, sono note da tempo anche agli inquirenti. Alcuni dei dati più clamorosi, nel settembre del 2019, furono inviati anche al prefetto di Avellino e al ministro dell’Ambiente. Le analisi del laboratorio “Gamma” rivelarono inquinamento da Mercurio, tensioattivi anionici, e elevate concentrazioni di fosforo. Sempre nel Sabato, l’Arpac ha rivelato ancora Mercurio in concentrazioni superiori 12 volte al consentito, e una serie di metalli quali rame, zinco e nichel. Quindi, i batteri fecali, gli escherichiacoli. Non è un caso che le acque, in alcuni punti e per effetto di scarichi che per qualche emotivo non si riesce ad individuare, diventano talvolta marroni, talvolta rosa, talaltra si coprono di schiuma.
Nel Sabato, come in molti altri corsi d’acqua irpini, è non a caso vietato l’utilizzo delle acque e c’è il divieto di pesca. Ma questa condizione scandalosa e pressochè ignorata dai sindaci e dai livelli politici istituzionali superiori accomuna molti altri fiumi d’Irpinia. Ed è tutto già emerso con chiarezza da tempo.

Stesso divieto e stesso vergognoso degrado nell’affluente che attraversa i 4 grandi comuni di Atripalda, Avellino, Mercogliano e Monteforte: il “Fenestrelle”. Dalle ultime analisi dell’Arpac, comunicate dalla Provincia all’inizio di quest’anno ai Comuni, il fiume del parco e dei mulini si presenta alterato a causa di forti valori di Azoto Ammoniacale ed Escherichiacoli. Una cloaca a cielo aperto, dunque. E nella comunicazione, la Provincia sospendeva pure «eventuali diritti già assentiti alla derivazione dal Rio Fenestrelle per uso irriguo e zootecnico, nonché per uso domestico, fino al rientro dei valori nei limiti di legge». Nella nota, si faceva riferimento anche all’origine dell’inquinamento, «con buona probabilità, dovuto alla presenta di scarichi in alveo non autorizzati». Eppure, il divieto persiste, ma i colpevoli non si trovano.

Il lungo elenco degli scempi nelle acque dei fiumi irpini prosegue verso la Valle dell’Irno, nell’ormai famoso torrente “Solofrana”. L’affluente del Sarno, reputato il fiume più inquinato d’Europa, in base ai monitoraggi eseguiti sui 16 punti indagati nel 2017, e riportati nell’indagine di Legambiente “Buone e cattive acque”, per 10 non raggiungeva una qualità sufficiente, con uno stato "scarso" per 4 punti e uno stato "cattivo" per altri 6. Esalazioni nauseabonde, acque scure e schiuma, con un’origine probabilmente riconducibile agli scarichi abusivi nel fiume Sarno, ma comunque in molti punti in pessimo stato.

Persino l’Ofanto, che nasce tra i monti tra Torella e Sant’ Angelo dei Lombardi, segnando da est a ovest il confine orientale dell’Irpinia, è salito recentemente agli onori – si fa per dire – delle cronache. L’Arpac, nel 2019, ha confermato una preoccupante presenza di Mercurio, dopo un controllo effettuato tra l’area industriale di Morra De Sanctis e l’invaso di Conza della Campania. Anche qui, era scattata l’allerta con i Comuni vicini e la girandola dei divieti. Pure qui, Procura immediatamente informata.

L’Ufita, invece, si è segnalato nel 2020 per una moria di pesci e per la presenza, nel punto in cui i fiume incontra il torrente Fiumarella, di acque putride e schiumose e con affioramento di alghe. Sempre nel 2020 venne stabilita la presenza di reflui industriali e di tetracloroetilene.

Era diventato addirittura un caso nazionale, nel 2012, il fiume Calore. Trentanove sindaci del beneventano erano stati rinviati a giudizio per disastro ambientale perché la metà degli scarichi erano finiti nei corsi d’acqua senza essere depurati. L’inquinamento riscontrato risultò 1000 volte superiore al consentito. Con un rischio di Salmonellosi che fu ritenuto altissimo.

Batteri e scarichi selvaggi anche nel fiume Isclero, tra la Valle Caudina e il Sannio. A denunciarli, più volte inascoltato, il consigliere comunale Giuseppe Mainolfi: da fiume della vita a cloaca a cielo aperto. Anche qui, con batteri e metalli pesanti. Secondo il consigliere, erano stati evidenti anche le responsabilità delle industrie locali.

Tra depuratori fuori uso, veri e propri fuorilegge e imprenditori senza scrupoli, muoiono i fiumi d’Irpinia. Le denunce e le iniziative di sensibilizzazione, come quelle del Meet Up pentastellato, coordinato da Giovanni Varallo, sono centinaia. Quest’ultimo ha sollecitato più volte le istituzione, finanche sul caso dei fiumi tombati di Avellino, come il Rio San Francesco. Le indagini dei carabinieri restituiscono di tanto in tanto qualche arresto, ma la sensazione, tanto dal punto di vista della repressione quanto da quello delle politiche di risanamento, è che si proceda al ralenti. Ma il disastro corre veloce.
que rosa ai metalli pesanti del Sabato, ai batteri del Fenestrelle; dalle cloache dell’Ufita al mercurio dell’Ofanto: i fiumi irpini sono malati. Il divieto di pesca e di utilizzo delle acque è pressochè generalizzato. Le denunce si moltiplicano, ma gli autori del disastro restano impuniti. Depuratono malati. Il divieto di pesca e di utilizzo delle acque è pressochè generalizzato. Le denunce si moltiplicano, ma gli autori del disastro restano impuniti. Depurato